Meno CO2 con i biocarburanti

 Come dichiarato dal ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, uno degli obiettivi del governo per far fronte al caro-energia e salvaguardare l'ambiente è "potenziare l'utilizzo dei biocarburanti: carburanti che non emettono anidride carbonica o ne emettono pochissima e sono compatibili con i motori che abbiamo adesso".

Come spiegato nell’analisi di Patrizio Tratzi e Valerio Paolini del CNR-IIA – pubblicata su Rinnovabili.it – mentre per le flotte urbane la decarbonizzazione sarà principalmente legata alla trazione elettrica, il contributo dei biocarburanti nella transizione ecologica sarà strettamente legato al tema del trasporto pesante su lunghe distanze, dove l’elettrificazione non può essere immediatamente realizzata. Infatti, mentre le autovetture elettriche stanno già espandendo la loro quota di mercato in ambito urbano, i veicoli pesanti elettrici devono ancora superare diverse sfide legate al loro specifico utilizzo.

Nel settore dei biocarburanti, in Europa, le tecnologie più mature sono legate principalmente al biodiesel e al biometano.

Considerando le emissioni di gas serra allo scarico, il biodiesel può essere considerato carbon-neutral, poiché questo biossido di carbonio deriva dalla combustione di materiale a base biologica diverso dai combustibili fossili. Il tipo di biomassa utilizzata per la produzione di biodiesel influenza l’impatto globale sull’ambiente.

Il biometano è un’altra opzione per la decarbonizzazione del settore dei trasporti e può anche soddisfare i requisiti per i biocarburanti avanzati fissati dall’Unione Europea. Secondo l’analisi del JEC, grazie al biometano liquefatto si può raggiungere una delle maggiori riduzioni di gas serra per i camion pesanti e a lungo raggio, soprattutto perché permette di evitare emissioni legate alla gestione degli effluenti zootecnici.

Per meglio approfondire gli impatti e i benefici ambientali del biometano liquefatto nei trasporti pesanti in Italia, è stato recentemente condotto uno studio del CNR-IIA in collaborazione con IVECO e Consorzio Italiano Biogas: lo studio si è concentrato sul biometano liquefatto da diverse combinazioni di biomasse agrozootecniche, in presenza e in assenza di cattura della CO2 durante la fase di upgrading. L’analisi ha evidenziato ancora una volta l’importanza dei crediti di carbonio per valutare correttamente l’impatto dei biocarburanti: le emissioni evitate dalla gestione del letame e dei sottoprodotti agricoli sono infatti il principale fattore che contribuisce a minimizzare le emissioni nette del biometano. L’impatto ambientale del biometano è quindi fortemente influenzato dal tipo di biomasse utilizzate per l’alimentazione del digestore anaerobico, e i maggiori benefici ambientali si hanno quando aumenta la percentuale di effluenti zootecnici. Le maggiori emissioni di gas serra sono associate al consumo di energia elettrica per le fasi di upgrading e liquefazione, ma il processo globale risulta sempre vantaggioso rispetto ai carburanti fossili, anche grazie alla elevata percentuale di energia rinnovabile nel mix energetico italiano. In particolare, è possibile ottenere emissioni negative se gli effluenti zootecnici sono maggiori del 60% e se si introduce il recupero della CO2 dell’uprading per uso alimentare.

Rimangono ad oggi due questioni che necessiteranno ulteriori approfondimenti nei prossimi anni. La prima è la valutazione degli impatti ambientali dalla culla alla tomba di ogni fase della catena di produzione proposta, inclusa la realizzazione degli impianti e delle infrastrutture di distribuzione, e il successivo smantellamento. Il secondo è la fattibilità economica dell’intera filiera, considerando i costi di produzione e il conseguente costo del carburante per l’utente finale, con o senza incentivi pubblici.

Fonte: Rinnovabili.it ; ANSA