Cnr e Motus-E, mobilità elettrica fondamentale per la riduzione degli inquinanti

Uno studio stima l’impatto dell’aumento dei veicoli a elettricità sulla riduzione dei decessi prematuri associati al biossido di azoto e al particolato. La ricerca ipotizza l’evoluzione al 2025 e al 2030 in cinque grandi città

 

Il comparto dei trasporti è uno dei settori responsabili delle emissioni di inquinanti in ambito urbano, soprattutto per il particolato atmosferico (PM10 e PM2,5) e il biossido di azoto (NO2), associati a patologie cardiorespiratorie. In questo contesto la penetrazione dei veicoli elettrici potrebbe svolgere un ruolo fondamentale nella riduzione delle concentrazioni degli inquinanti. È quanto emerge dallo studio “Più mobilità elettrica: scenari futuri e qualità dell’aria nelle città italiane”, condotto dall’Istituto sull’inquinamento atmosferico del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) in collaborazione con l’associazione per lo sviluppo della mobilità elettrica Motus-E.

Lo studio – pubblicato a fine marzo a cura di Valeria Rizza, Francesco Petracchini, Dino Marcozzi e Francesco Naso – ha preso in considerazione cinque città: Torino, Milano, Bologna, Roma e Palermo. Sono stati valutati la dispersione in atmosfera, la ricaduta al suolo e l’impatto degli inquinanti primari e secondari e sono stati messi a confronto due scenari prospettici di ricambio del parco veicolare sia privato sia pubblico, uno al 2025 e uno al 2030.

Nello scenario 2025, che ipotizza una quota di veicoli elettrici privati del quattro per cento e di quelli commerciali leggeri del cinque per cento, si rileva una riduzione delle concentrazioni di biossido di azoto, in termini percentuali relative al comparto mobilità, da un minimo del 47 per cento, a Bologna, a un massimo del 62 per cento, a Roma.

Nello scenario 2030, basato sull’ipotesi di un 20 per cento di veicoli privati e un 15 per cento veicoli commerciali leggeri alimentati a elettricità, si arriva a una riduzione delle concentrazioni di NO2 che va dal 74 per cento, nel caso di Palermo, all’89 per cento, nel caso di Roma.

Per quanto riguarda, invece, il particolato PM10 l’abbattimento è meno consistente: dal 28 al 38 per cento nel primo scenario; dal 34 al 46 per cento nel secondo.

Lo studio ha valutato il conseguente impatto sanitario ed economico, ovvero per ogni scenario ipotizzato sono stati stimati i decessi prematuri associati agli effetti a breve termine del biossido di azoto e del particolato PM10, considerando solo il comparto del trasporto, e i relativi costi. Nel caso di Milano, ad esempio, le morti evitate stimate per la sola riduzione di NO2 arrivano a 394 nel 2025 e a 536 nel 2035.

Significativa è la riduzione del numero dei morti per città come Milano, Roma e Torino in relazione alle concentrazioni di NO2 e PM10”, si legge nella conclusione. Al numero di morti evitate si collegano costi sociali risparmiati altrettanto significativi, che variano tra 140 milioni e due miliardi di euro circa nello scenario 2025 e tra 222 milioni e tre miliardi di euro nello scenario 2030.